«Q uello su cui stiamo investendo è la cultura dell’associare a ogni scelta di investimento il rischio che quell’investimento comporta e il rendimento potenziale associato a quel rischio. Si tratta di portare il cliente a non ragionare più in termini di “quanto mi fai guadagnare”, ma in termini di rischio/ rendimento: quale rendimento potenziale può razionalmente pensare di ottenere nel tempo, con una diversificazione del portafoglio e tenuto conto delle correlazioni dei diversi strumenti inseriti in portafoglio, data la sua tolleranza al rischio». Nell’illustrare il nuovo approccio adoperato da Fineco per il servizio di consulenza, Carlo Giausa, direttore servizi di investimento e wealth management, parla di una rivoluzione culturale per un cliente di per sé poco incline a sentir parlare di rischio. «In un mondo in cui le obbligazioni governative dei paesi occidentali hanno rendimenti reali, al netto, cioè, dell’inflazione, prossimi allo zero, per poter avere un rendimento interessante bisogna cambiare l’impostazione classica, l’investimento obbligazionario, tipico dei risparmiatori italiani. Occorre far capire al cliente che, per ottenere un rendimento, occorre associare un rischio all’intero portafoglio, non al singolo strumento». Come si convince un cliente a cambiare approccio? «Stiamo investendo molto sui nostri advisor perché sono loro che devono fare education ai clienti. Cosa non facile, ma molto sfidante. Si tratta
di spiegare come funziona il mercato dei capitali e come, rispetto ai propri obiettivi di vita, si possano raggiungere determinati rendimenti, non guardando al breve periodo, ma pianificando un obiettivo che abbia un orizzonte temporale di medio periodo, un periodo di almeno tre anni. Un investimento a sei o dodici mesi non è un investimento, ma un impiego della liquidità, per cui non si può immaginare, a meno che non si faccia speculazione, di avere un frutto da un’operazione a breve». Come vengono calcolati i rendimenti attesi per i diversi profili di rischio? «Utilizziamo algoritmi proprietari, basati su serie storiche particolarmente robuste, corrette per tenere conto dello scenario macroeconomico corrente. Nel medio termine questo approccio è molto affidabile perché consente di calcolare la massima perdita che può avere un’attività finanziaria, nonché il suo rendimento potenziale. Abbiamo dedicato un team alla costruzione dei portafogli modello e alla loro manutenzione, un team che si occupa della selezione degli strumenti e un altro che si occupa di risk management». In termini pratici, in cosa si traduce questo nuovo approccio? «La nostra piattaforma di advisory consente analisi di portafogli anche se detenuti presso altri intermediari, il calcolo del rischio implicito, un’analisi delle commissioni degli strumenti in portafoglio, lo sviluppo prospettico del rischio e del rendimento. Se il cliente vuole un monitoraggio costante, accede a FinecoAdvice, il servizio di advisory a parcella, con una rendicontazione periodica e una maggiore profondità delle informazioni ». Sulla consulenza a parcella puntate molto. «Operiamo nella consulenza da anni e disponiamo di una piattaforma per il controllo del rischio e per il financial planning ampiamente testata. Con il nostro servizio di consulenza siamo arrivati prima della legislazione inglese che un anno e mezzo fa ha sconvolto il mercato di quel paese e arriviamo sicuramente primi nella nuova versione della MiFid che dovrebbe entrare in vigore tra il 2015 e il 2016. La nuova MiFid stabilisce che si può parlare di consulenza indipendente solo quando l’intermediario utilizza una base di strumenti finanziaria ampia e, soprattutto, non accetta o trattiene commissioni, onorari monetari e non monetari o altri benefici pagati da terzi». E la vostra è una consulenza indipendente? «Sì. Nel nostro servizio di consulenza il cliente paga una parcella, come fa per un professionista di altri settori, nella massima trasparenza. Adoperiamo modelli di portafoglio che prevedono l’utilizzo di fondi, titoli o Etf. Quando scegliamo strumenti che hanno commissioni implicite, restituiamo queste commissioni ai clienti, neutralizzando così i potenziali conflitti di interesse. Aver giocato d’anticipo, tra l’altro, ci eviterà sforzi organizzativi quando entrerà in vigore la nuova normativa». Rinunciare alla retrocessione delle commissioni per una parcella non impatta sulla redditività? «No e il dato delle commissioni di consulenza è in crescita accelerata rispetto ai ricavi del risparmio gestito tradizionale. Abbiamo già 2,3 miliardi in consulenza, il 12% delle masse. Sono circa 8.000 i clienti che pagano la consulenza, clienti che hanno portafogli non inferiori ai 100 mila euro». Quanto paga il cliente? «La parcella è legata alla complessità dell’investimento, più bassa per gli investimenti base, più alta via via che aumenta il rischio di portafoglio. Aggiungo che la nostra consulenza prescinde dal “contenitore”, dallo strumento adoperato: la stessa strategia può essere attuata con modalità diverse. E’ possibile, ad esempio, optare per una unit linked oppure inserire in portafoglio titoli su indicazione del cliente, una scelta molto apprezzata tanto dalla rete di promotori, quanto dalla clientela». (m.man.) Il direttore servizi di investimento e wealth management, di Fineco Carlo Giausa indica la rotta